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mercoledì 9 marzo 2011

Jainismo

Il Jainismo 
La più antica dottrina della nonviolenza universale 


Diffusione e localizzazione geografica:
Al mondo vi sono circa 4 milioni di giainisti, concentrati soprattutto nell'India nord-occidentale.
“VIVI E LASCIA VIVERE. AMA TUTTI. SERVI TUTTI.”
Questa è la fondamentale proposizione dottrinale jainista.
La spiritualità jainista si basa sulla regola aurea dell’AHIMSA, il rispetto attivo nei confronti di ogni singola vita, animale o vegetale, che è divina e sacra e contiene un’anima individuale eterna, potenzialmente perfetta e santa, che aspira a liberarsi dai vincoli con la materia.
Ne deriva che la condotta del Jaina sia estremamente rigorosa nell’osservanza del Vegetarismo, del pacifismo, della tolleranza, della protezione della creazione e delle creature, dell’altruismo.
Nel Jainismo non vi sono sacerdoti, gerarchie, un organismo centrale, un papa, né si trovano dogmi o intermediari. Il fatto che qui non vi sia la possibilità di delegare le proprie responsabilità e le proprie mancanze a un confessionale, a un intermediario, o a un qualunque rituale religioso, sottende un impegno nella condotta e nella fede rigoroso, tutto personale, individuale, in prima linea con sé stessi e con la propria coscienza.
Il Jainismo è una Dottrina spirituale ateista, nel senso che rifiuta scientificamente ed empaticamente l'idea di un creatore increato, di un primo motore immobile, ritenendola illogica ed inutile per il progresso spirituale. Ognuno può aspirare alla deità: il Jainismo riconosce infatti numerosissimi Dei, intesi come esseri umani autoliberatisi grazie ai propri sforzi personali.
Il divino, il sacro, è nella vita, anzi è la vita stessa. Ovunque vi sia un’espressione vivente, animale o vegetale, così come anche la terra, l’acqua, il vento, la rugiada,…lì si trova il sacro, senza bisogno di cercarlo altrove, chissà dove…
La metafisica jainista attribuisce grande importanza alla logica sul piano cognitivo; viene data una spiegazione scientifica, codificata nei minimi particolari, dell’origine e del divenire degli universi, eterni ed increati, in cui si dimostra che l’anima non nasce e non muore, ma migra di corpo in corpo fino alla Liberazione, che può essere ottenuta soltanto disgregando i frutti dei propri karma (sia i karma auspicali che i karma nefasti), emancipandosi, cioè, in modo autentico, dagli attaccamenti e dalle avversioni....
Oltre all’AHIMSA, altre due regole fondamentali per i Jaina sono: la Dottrina del "Non-assolutismo” e della molteplicità dei punti di vista (“Anekantavada” e "Syadvada") e la “Costante Vigilanza”.
La prescrizione della “Costante Vigilanza”, richiede al Jaina di non allentare mai la propria attenzione nei confronti del rispetto per le altre vite e nei confronti dell’applicazione dell’AHIMSA. E’ detto che un individuo costantemente vigile è sempre nonviolento, anche quando, per una circostanza imponderabile, causa involontariamente una violenza; mentre un individuo disattento è sempre violento nel suo cuore, anche quando non causa direttamente violenza.
Il rispetto attivo per gli animali e per la natura è, quindi, il fondamento stesso dell’etica jainista.
Presso le comunità e i templi Jainisti gli animali non devono temere per la propria incolumità; anzi, accanto ai templi si trovano spesso i "Panjarapole", rifugi per animali anziani o feriti, e centri veterinari sovvenzionati dalle comunità dei laici, che si occupano, inoltre, del mantenimento e della protezione dei monaci e degli asceti, dei templi, delle biblioteche e degli ostelli.
Non di rado, i Jaina acquistano animali dai macelli per dare loro salvezza e ricovero.
Un aspetto interessante della devozione jainista è che questa non è concepibile per l’ottenimento di miglioramenti spirituali o materiali; per i devoti Jaina non è pensabile un’adorazione volta all’ottenimento di benefici, grazie o miracoli; la riverenza ai ventiquattro Saggi ("Tirthankara", esseri umani illuminati ed autoliberatisi) è fine a sé stessa. I Tirthankara non possono essere toccati dalle umane sollecitazioni; loro compito è essenzialmente quello di indicatori della giusta via verso la Liberazione. Ogni progresso personale può avvenire unicamente grazie agli sforzi, alla condotta e all’impegno del singolo individuo.

Buona condotta: 

La buona condotta viene definita, sinteticamente, come il fare ciò che è di beneficio agli altri e l'astenersi da ciò che danneggia. Per ottenere ciò si deve
  1. Prestare i cinque grandi giuramenti
  2. Praticare estrema attenzione nelle azioni quotidiane, al fine di evitare di recare danno a qualsiasi vita
  3. Tenere a freno pensieri, parole e azioni fisiche
  4. Praticare dieci tipi di Dharma, e precisamente perdono, umiltà, chiarezza (ovvero assenza di inganno), sincerità, pulizia, autolimitazione, austerità, autosacrificio, distacco dai beni materiali (il che non significa impedirsi di goderne), celibato.
  5. Meditare sulla verità
  6. Vincere tutti i dolori e i disagi che nascono da fame, sete, caldo, freddo, ecc. attraverso la forza
  7. Raggiungere equanimità, purezza, grazia assoluta e condotta perfetta.
Tutto questo deve essere praticato secondo la propria capacità e volontà, che devono essere rafforzate.

I cinque grandi giuramenti:

Questi giuramenti sono comunemente accettati da tutte le religioni indiane. Il Buddhismo li racchiude nel Panch Sheela, ma i giainisti cercano di praticarli molto più rigorosamente degli altri.
  1. Ahimsa o il non recare danno alla vita: non danneggiare tutti i tipi di vita, umana, animale o qualsiasi altro essere che abita corpi viventi. I santi giainisti scoprirono che inalando distruggono la vita degli organismi che si trovano nell'aria. Essi filtrano quell'aria tramite un pezzo di stoffa. Naturalmente i laici lo troverebbero difficile, e ne sono esentati. Questo atteggiamento è basato sull'idea della potenziale uguaglianza di tutte le anime. La non-violenza deve essere praticata nelle azioni e nelle parole.
  2. Sincerità: questa ha due forme, cioè dire sempre la verità, e condannare sempre la falsità. Questo precetto è praticato molto rigorosamente dai giainisti: la verità può essere sgradita, perciò è consentito non dire una verità che ha delle probabilità di portare discordia, ma la menzogna non può essere sostitutiva di una verità sgradevole.
  3. Non rubare: non prendere ciò che per diritto non ti appartiene. I giainisti credono che la proprietà e la ricchezza contribuiscono al benessere, e derubare un uomo della sua ricchezza potrebbe significare derubarlo della sua vita o della dignità di vivere.
  4. Celibato: il pensiero religioso indiano interpreta il celibato come astinenza dall'auto-indulgenza di ogni tipo. Questo principio è praticato in ogni forma; anche un discorso vanitoso viola il celibato. Celibato NON significa astinenza dal sesso regolare.
  5. Distacco: significa liberarsi dalla schiavitù dell'abietta dipendenza dai piaceri sensuali. Tali piaceri non sono banditi, solo la schiavitù ad essi lo è.
Tali pratiche portano ad ottenere infinita sapienza, potere e beatitudine.

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