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sabato 2 aprile 2011

Il peccato secondo gli evangelici pentecostali

I cristiani evangelici pentecostali credono che il peccato abbia avuto origine dalla tentazione, che avendo avuto il sopravvento nell'uomo abbia generato la disubbidienza al comandamento di Dio e dato luogo quindi al peccato.

Nel secondo capitolo del libro della Genesi c'è lo sfondo della caduta dell'uomo, parla della prima abitazione, della sua intelligenza, del suo servizio nel giardino di Eden, ed infine del primo matrimonio.
Particolare rilievo è dato ai due alberi del giardino:l'albero della conoscenza del bene e del male e l'albero della vita.
L'albero "proibito" fu creato per provvedere come per dire ad una prova, mediante la quale l'uomo potesse liberamente, per amore non per costrizione, scegliere di servire Dio e svilupparsi cosi nel carattere.

Particolare importanza viene posta dai pentecostali al libero arbitrio senza il quale l'uomo sarebbe solamente una macchina.
Che cos'è dunque il peccato?
Per definire il male, la Bibbia usa una grade varietà di termini. i quali ci insegnano molto sulla sua natura.
Nell'Antico Testamento il peccato viene intravisto nelle seguenti sfere:

Nella sfera della morale.
1 La parola più comunemente usata per il peccato significa < fallire il bersaglio>, ossia il peccatore fallisce il vero scopo dell'esistenza.
Perdere la via, come un viaggiatore che si trova fuori del giusto sentiero.
Essere trovati mancanti quando si è pesati nelle bilance di Dio.

In Genesi 4:7 il peccato viene definito come una bestia feroce pronta a balzare su chiunque le dia luogo.
2 <Raggiro> o <perversità> , quindi l'opposto di giustizia che letteralmente vuol dire < ciò che è dritto> o <conforme alla giusta regola>.
3 < Malvagità> che <infrange> o fa violenza alla legge di Dio.
Nella sfera della condotta.

La parola usata per indicare il peccato commesso in questa sfera significa violenza o condotta ingiuriosa ( genesi 6:11-Ezechiele 7:23-Proverbi 16:29)
Rigettando i freni della legge, l'uomo maltratta ed opprime i suoi simili.
Nella sfera della santità.
Ogni membro viene ritenuto a contatto con Dio ed era ritenuto Santo ossia appartato , messo a parte, le cose estranee a quella legge erano <profane> e colui che vi partecipava diveniva impuro.
Nella sfera della verità

Ingannevole, il peccato agisce parlando falsamente, alterando la verità e rendendo falsa testimonianza.
Il primo peccatore è stato un bugiardo, ed ogni peccato contiene in sé l'elemento dell'inganno.
Nella sfera della sapienza
Il peccato agisce empiamente perché non può o non vuole ragionare rettamente, l'uomo peccatore che ode l'esortazione la dimentica ed è facilmente condotto a peccare.

Essere privi di senno cioè coloro che, per mancanza di intendimento piuttosto che per propensione al peccato, sono vittime del peccato stesso, imperfetti nella sapienza essi sono soggetti a fare giudizi affrettati sulla Provvidenza di Dio, correndo verso l'empietà.

Stolto, schernitore ossia capaci di fare del bene ma incline alle cose carnali, materiali, ma anche increduli.
Nel nuovo testamento il peccato è descritto come mancare il bersaglio, come nell'Antico testamento.
Debito, l'uomo deve a dio l'osservanza dei suoi comendamenti quindi ogni peccato commesso è contrarre un debito con Lui.
Impossibilitato a pagarlo la sua solo speranza è nel perdono e nella remissione del debito stesso.
Violazione della legge.
Il peccato e trasgressione della legge, 1 Giovanni 3:4.

Il peccatore è un ribelle ed idolatra, perché colui che deliberatamente viola un comandamento sceglie la sua volontà, invece di quella di Dio.
Disubbidienza, trasgressione, caduta o fallo, sconfitta,empietà ed errore sono termini e definizioni usate molto spesso nel nuovo testamento.

venerdì 1 aprile 2011

il peccato

Nell'etica ed in alcune religioni, si parla di peccato come di un atto moralmente illecito, una condotta considerata riprovevole, in contrasto con la coscienza e con i principi e le norme morali riconosciute dalla persona e nell'ambito della società in cui vive. In alcune religioni l'atto peccaminoso consiste generalmente nel superare, anche involontariamente, i limiti posti dalla sfera delle cose sacre e quella delle cose profane. In tale caso più che riprovevole moralmente, il peccato è considerato pericoloso perché può attirare sul peccatore e su tutta la comunità la maledizione della divinità offesa e perciò richiede una qualche sorta di espiazione affinché l'equilibrio turbato sia ristabilito.In altre religioni il peccato attiene alla sfera morale e alla volontà ed è strettamente individuale, sebbene possa avere anche delle ripercussioni sociali.

IL PECCATO SECONDO LA CHIESA CATTOLICA

Nel compendio del catechismo della Chiesa Cattolica il peccato è definito come «una parola, un atto o un desiderio contrari alla Legge eterna» (sant'Agostino). È un'offesa a Dio, nella disobbedienza al suo amore. Esso ferisce la natura dell'uomo e attenta alla solidarietà umana. Cristo nella sua Passione svela pienamente la gravità del peccato e lo vince con la sua misericordia.In quanto alla natura del peccato una distinzione va fatta per il peccato originale. Con un'affermazione lapidaria l'apostolo Paolo sintetizza il racconto della caduta dell'uomo contenuto nelle prime pagine della Bibbia: « a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte » (Rm 5,12). L'uomo, contro il divieto di Dio, si lascia sedurre dal serpente e allunga le mani sull'albero della conoscenza del bene e del male, cadendo in balia della morte. Con questo gesto l'uomo tenta di forzare il suo limite di creatura, sfidando Dio, unico suo Signore e sorgente della vita. È un peccato di disobbedienza che divide l'uomo da Dio. Adamo, il primo uomo, trasgredendo il comandamento di Dio, perde la santità e la giustizia in cui era costituito, ricevute non soltanto per sé, ma per tutta l'umanità: « cedendo al tentatore, Adamo ed Eva commettono un peccato personale, ma questo peccato intacca la natura umana, che essi trasmettono in una condizione decaduta. Si tratta del peccato originale che sarà trasmesso per propagazione a tutta l'umanità, cioè con la trasmissione di una natura umana privata della santità e della giustizia originali ».
Il peccato prolifera nell'uomo perché il peccato trascina al peccato, e la sua ripetizione genera il vizio. I vizi, essendo il contrario delle virtù, sono abitudini perverse che ottenebrano la coscienza e inclinano al male. I vizi possono essere collegati ai sette peccati cosiddetti capitali, che sono: superbia, avarizia, invidia, ira, lussuria, golosità, pigrizia o accidia.

 IL PECCATO SECONDO I GIUDEI

Il Giudaismo è motivato dal desiderio di fare la volontà di Dio. Esso crede che questo volere è trovato nella legge Mosaica, come è stata elaborata e applicata alle varie circostanze durante i secoli.
Nel Giudaismo rabbinico, il buono e il cattivo sono sempre possibilità per l'uomo, ma la sua basilare dignità e bontà richiede che esso sia libero per inclinare la bilancia da una parte o dall'altra e la sua inclinazione è di scegliere il buono.
Perciò, il Giudaismo è ottimistico sulla abilità dell'uomo di fare il volere di Dio ed il peccato non è generalmente un concetto di maggiore importanza.
 In ogni modo, non c'è concetto del bisogno di rigenerazione.  Se un Giudeo si è smarrito da Dio, c'è soltanto bisogno che ritorni (il significato Ebreo di "pentimento") e cammini di nuovo nella via del Signore.
 I Giudei credono che Dio si aspetta che uno faccia il meglio che può con quello che ha, che include educazione, abilità innate, e la situazione in cui una persona si trova e abbia il potere di perfezionarsi. Anche su questa bilancia una persona non usa tutto il suo potenziale o utilizza tutte le opportunità. Perciò la gioia nel Mondo a venire di uno, dipende da quanto questa persona usa di quello che ha su questa terra.
Nel Giudaismo, la salvezza non è un termine comunemente usato. Per entrare nel paradiso di Dio una persona deve seguire i comandamenti di Dio nella Torah. I Gentili devono solo seguire i 10 Comandamenti ,ma  i Giudei devono seguirne 613. 

Il peccato nell'Islam

L'Islam vede il peccato (dhanb, thanb) come qualsiasi cosa che vada contro la volontà di Allah. L'Islam insegna che il peccato è un atto e non uno stato dell'essere. Il Corano insegna che “l'anima (umana) è certamente predisposta al male, a meno che il Signore non le doni la Sua Misericordia”, e che neppure i profeti assolvono se stessi da questa colpa (Corano 12:53). Maometto diceva:“Fai buone azioni in modo corretto, sincero e con moderazione, e gioisci, perché le buone azioni di nessuno sono sufficienti a metterlo in Paradiso.” I Compagni chiesero, “Nemmeno tu, o Messaggero di Allah?” Lui rispose, “Neppure io, a meno che Allah non doni il Suo perdono e la sua misericordia a me”.
Nell'Islam si ritiene che Iblis (il Satana della tradizione Giudaico-Cristiana) abbia un ruolo significativo nel tentare l'umanità verso il peccato. Quindi la teologia Islamica identifica e ci mette in guardia da un nemico esterno dell'umanità che la conduce al peccato (Corano 7:27, 4:199, 3:55 ecc). In vari versi il Corano (Corano 2:30, 7:11, 20:116) spiega i dettagli della tentazione di Iblis nei confronti di Adamo e in (Corano 7:27) afferma che lo schema di Iblis per tentare l'uomo è lo stesso usato per tentare Adamo, cioè Allah impone una legge per l'uomo ma invece l'uomo obbedisce ai suoi desideri più bassi e non si guarda dalla tentazione del suo nemico. Iblis tradisce l'essere umano offrendogli vane speranze laddove invece lo conduce all'errore, aiutato in questo dal fato. Quindi esso trasgredisce i limiti impostigli da Allah e disobbedisce ai Suoi comandamenti. Diviene quindi giustamente soggetto al giudizio e alle afflizioni impostegli da Allah. Ma come proposto dalla versione coranica della storia di Adamo, l'uomo può rivolgersi ad Allah con le parole che la divinità gli ispira dopo aver fallito nella prova imposta, perché Egli è colmo di Misericordia. (Corano 2:37).
I Musulmani ritengono che Allah sia adirato per il peccato e punisce alcuni peccatori con le fiamme di jahannam (l'inferno) ma è anche ar-rahman (il Compassionevole) e al-ghaffar (Colui che Perdona). Si ritiene che il fuoco di jahannam abbia una funzione purificatrice e che dopo tale espiazione un individuo che era stato condannato al jahannam può entrare nel jannah (il Giardino), se aveva avuto “un atomo di fede”.

IL PECCATO SECONDO L'INDUISMO

Nell'Induismo non esiste peccato contro un Dio Santo. Trasgressione non sono atti contro qualsiasi Dio ma sono atti di ignoranza contro se stessi. Queste malvagità possono essere vinte seguendo gli insegnamenti della propria casta.
L'Induismo non vede il peccato come un crimine contro Dio, ma come un atto contro Karma (ordine morale) e contro se stessi.  Lo si pensa come cosa naturale (anche se infelice) che una anima agisca erroneamente, perché essa vive in nescienza, avidya, il buio dell'ignoranza. 
L'Hindi trova difficile la proposizione di un uomo che soffra per i peccati di un altro, perché questo rende il loro ordine morale dell'Universo irreale nel tenere gli uomini sotto "l'illusione" di poter peccare quanto uno vuole ed essere ultimamente salvato dalla Grazia di Dio. La salvezza nell'Induismo si può ottenere in tre modi: la via della sapienza sapendo che uno è parte del finale Brahman e non una separata entità; o la via della devozione che è amore e devozione ad una particolare deità; o la via dei lavori, seguire rituali cerimoniali. Questa salvezza viene da interminabili cicli di nascita, morte e rinascita. Secondo la dottrina del Karma e trasmigrazione, l'uomo non ha bisogno di un salvatore perché ognuno deve espiare i propri peccati in successive rinascite finché abbia raggiunto 'mukti', liberazione o salvezza. Per la legge del Karma durante una interminabile serie di rinascite l'anima miete quello che ha seminato in una vita, o di miseria o di benedizione, nella futura rinascita.

 Il peccato nel Buddhismo

Il Buddhismo non riconosce l'idea soggiacente al peccato. Nel Buddhismo esiste una “Teoria di Causa-Effetto”, nota come coproduzione condizionata applicata dal karma . In generale, il Buddhismo illustra le intenzioni come la causa del karma, classificate come buone, cattive o neutrali. Inoltre, molti pensieri nella mente di un qualsiasi essere vivente possono essere anche loro negativi, costituendo questi un karma mentale invece che verbale o fisico.Vipaka, il risultato o la conseguenza del proprio karma, può comportare una bassa qualità della vita, distruzione, malattia, stress, depressione e tutte le possibili disarmonie della vita, come può invece generare una buona vita, felice e armoniosa. Le buone azioni producono buoni risultati, mentre quelle cattive producono cattivi risultati. Il karma e il vipaka sono le proprie azioni e il loro risultato.
I cinque precetti (pañcasīla nella lingua pāli) costituiscono il codice fondamentale dell'etica buddhista per i laici, che sono accettati per libera scelta da quanti intendono seguire gl'insegnamenti di Gautama Buddha. È una comprensione di base degli insegnamenti buddhisti su come porre fine alla sofferenza:
  1. accetto la regola di astenermi dal distruggere creature viventi;
  2. accetto la regola di astenermi dal prendere ciò che non mi è dato;
  3. accetto la regola di astenermi da una cattiva condotta sessuale;
  4. accetto la regola di astenermi dal parlare scorrettamente;
  5. accetto la regola di astenermi dall'uso di sostanze intossicanti che alterano la lucidità della mente.
Questo conduce ad evitare le più immediate cause della sofferenza e a potersi dedicare con maggior profitto alla pratica di profonda visione e di raccolto acquietamento, il cui frutto finale è l'uscita dal saṃsāra, il ciclo della rinascita. Dopodiché, si raggiunge il nirvāṇa, la liberazione definitiva, nel Buddhismo primitivo. Nella successiva sezione degli insegnamenti, il concetto di peccato si lega sempre al karma e contempla una sofferenza che la persona vive nel presente, causata dalla sua stessa negligenza. Il peccato più grave è la convizione di non possedere la natura di Buddha, quindi di essere vittime delle casualità e non fautori del proprio destino. Tutto diventa negativo e la persona perde ogni controllo di sé e del proprio ambiente.




mercoledì 23 marzo 2011

Omosessualita

Cristianesimo
cosa dice la Chiesa dell’omosessualità e delle persone omosessuali: “L’omosessualità designa le relazioni tra uomini e donne che provano un’attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. 

Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essi.essere approvat Un numero non trascurabile di uomini e donne presenta tendenze omosessuali; essa costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. 

Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione. Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso la virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.” (Catechismo della Chiesa Cattolica 2357-2358-2359)C

Ebraismo
La Torah (la legge ebraica) è la fonte classica primaria per la visione degli ebrei circa l'omosessualità che dichiara:
« Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è to'eva. »
(Levitico, 18:22)
Il termine to'eva è normalmente tradotto come «abominio» ed è utilizzato all'interno del testo sacro in riferimento a diversi atti proibiti che includiono l'incesto, l'idolatria, il cibarsi di animali impuri e l'ingiustizia economica. Nel contesto delle proibizioni sessuali il termine della Torah è anche interpretatato come la contrazione delle parole to'eh ata vah, che significano «deviate da ciò che è naturale»

« La legge ebraica [...] rifiuta il punto di vista che l'omosessualità debba essere considerata semplicemente come malattia o come moralmente non importante [...] La legge ebraica stabilisce che nessun'etica edonistica, anche se chiamata "amore", può giustificare l'omosessualità più di quanto possa legittimare l'adulterio o l'incesto, per quanto questi atti possano essere genuinamente interpretati con amore e consenso reciproco. »

Islamismo
Innanzitutto va detto che l'Islam si occupa di giudicare e valutare i comportamenti piuttosto che i desideri sessuali. In particolare nell'Islam viene condannato il rapporto sodomita con uomini o donne indifferentemente –, identificandolo come un peccato molto grave. Il concetto stesso di orientamento omosessuale non trova riconoscimento né applicazione nella legge islamica.

Per quanto riguarda il diritto islamico, che si fonda sulla fede islamica, si può osservare che i rapporti omosessuali portano ufficialmente alla pena di morte in sette nazioni islamiche. In molte nazioni musulmane,l'omosessualità è punita con il carcere, con pene pecuniarie, o pene corporali. In alcuni altre, i rapporti omosessuali non sono specificatamente proibiti dalla legge.

Induismo
Il rapporto tra omosessualità ed induismo è complesso e non privo di contraddizioni.
Da una parte, l'omosessualità è presente in antichissimi testi religiosi e filosofici vedici, quali il Rig Veda ed in numerose sculture e dipinti.

D'altra parte, a causa dapprima della forte influenza in India della cultura dei dominatori Islamici e poi della cultura dei dominatori britannici puritani, che hanno redatto i principali codici di legge civile e penale, fino al 2009 ufficialmente nel subcontinente indiano l'omosessualità è stata un reato:Lord Thomas Macaulay,nel 1860 sanciva che:
« Chiunque, volontariamente, abbia un rapporto carnale contro l'ordine della natura con un uomo, una donna o un animale, sarà punito con - la prigione a vita - o per un periodo che può arrivare a dieci anni, e dovrà anche pagare una multa

Buddismo
Nel buddhismo, il terzo dei Cinque precetti afferma che è necessario astenersi dai comportamenti sessuali non appropriati. Fra le molte interpretazioni di quali siano i comportamenti sessuali "non appropriati" ci sono: rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, il sesso con un'altra persona senza il consenso del/la proprio/a partner, o il punto di vista - storicamente prevalente - secondo cui la definizione si limita a descrivere lo stupro, l'incesto e il bestialismo.

« Non c'è nulla di intrinsecamente sbagliato nel sesso. Quello che è sbagliato è l'attaccamento ad esso e l'esserne ridotti in schiavitù, oppure la credenza che indulgere nel sesso possa portare alla felicità suprema. Questo è il problema causato dallo sfruttamento del sesso da parte dell'industria dell'intrattenimento di massa – disseminare il mito che il sesso possa condurre ad uno stato di felicità durevole. [...] Per errata condotta s'intende un comportamento che arrechi danno o alla persona che compie l'atto oppure al compagno/a. Questo vuol dire ad esempio che se entrambe le persone coinvolte sono adulti consenzienti, non minorenni, non "attaccati" – giuridicamente o per altra via - a qualcun altro, non c'è danno alcuno. »

Evangelici pentecostali
Per la Bibbia, a cui gli evangelici pentecostali fanno riferimento in ogni loro dottrina, l’essere umano è stato creato uomo e donna e l’unione matrimoniale tra un uomo e una donna rappresenta uno spazio relazionale, affettivo e sessuale all’interno del quale è possibile realizzare la loro umanità. Altre forme di unione e di convivenza sono considerati pericolosi stravolgimenti della vocazione umana e indebiti ripiegamenti verso relazioni monche. Secondo gli evangelici pentecostali, anche l’identità sessuale e relazionale, come tutte le altre sfere della vita, è stata intaccata dal peccato, infranta nella sua integrità e depauperata della sua pienezza. In quest’ottica, l’omosessualità vìola la vocazione alla complementarità tra uomo e donna e preferisce fissarsi sulla riduplicazione idolatrica di sé nell’altro.

L’omosessualità viene compresa dalla Scrittura come uno tra i tanti modi in cui si può stravolgere il progetto della complementarità umana. La condanna dell’omosessualità, pur se espressa in termini diversi, è presente in diverse sezioni della Bibbia e in diversi momenti della storia della salvezza, a testimonianza del fatto che non si tratta di una posizione tipica di un certo ambiente culturale ristretto, ma di un convincimento ribadito a più riprese nel corso della progressione della rivelazione (ad esempio: Gn 19,1-29; Lv 18,22; 20,13; Mt 15,19; Mc 7,21; Rm 1,18-32; 1 Cor 6,9; 1 Tm 1,8-11).

I soggetti omosessuali, devono essere posti di fronte all’esigenza di ricostruire la propria identità secondo le piene potenzialità dell’essere umano e non secondo dei surrogati illusori che assolutizzano il sé e il simile a sé, non accettando la diversità delle relazioni e dell’altro da sé. Questo cammino ricostruttivo dovrà essere sensibile ai costi umani richiesti a chi lo intraprende e dovrà trovare nella chiesa una comunità accogliente e simpatizzante, anche se ferma nella convinzione della superabilità della condizione omosessuale. Per tutti gli esseri umani, senza distinzione alcuna di sesso e di orientamento, i cambiamenti radicali implicano rinuncia e dolore, ma sono gli unici a produrre una vera liberazione in vista di una piena umanità. Nessuna condizione umana deve essere considerata irreversibile; anzi, la possibilità della crescita umana presuppone la necessità del cambiamento.

domenica 20 marzo 2011

Pena di morte

Cristianesimo
AI contrario della maggior parte delle Chiese protestanti, le Chiese cattolica e ortodossa non condannano formalmente la pena di morte. Da tempo il magistero papale è orientato però a una ferma condanna.

Ebraismo
La legittimità della pena di morte viene riconosciuta nei testi sacri della "Torah" (la celebre legge della "vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede" contenuta nei libri del Levitico e del Deuteronomio), e per gli ebrei ortodossi ancora oggi ha vigore. Ma con condizioni così restrittive che di fatto ne viene impedita l'applicazione.

Islamismo
Il Corano riconosce fondamentalmente l'uso della pena di morte per la difesa della società, in particolare come punizione di chi commette un omicidio. Il Corano indica tre soli motivi che giustificano l'uccisione di un uomo: l'adulterio, la difesa della vita di un musulmano e l'apostasia, ossia l'abiura delta religione musulmana. 

Induismo
Le posizioni induiste relative alla pena di morte sono varie: per alcuni, i più "riformisti", essa è assolutamente inaccettabile. Per altri solo nel caso di gravi colpe è ammessa. Il castigo rappresenterebbe, infatti, una sorta di purificazione per il peccatore che sta per passare alla nuova vita e al giudizio divino sulla sua condotta.

Buddismo
L'omicidio è una delle colpe più gravi e comporta più stadi purificatori. Poiché gli uomini, secondo la dottrina, non sbagliano per cattiveria, ma per ignoranza, ne deriva un rifiuto categorico e incondizionato della pena di morte.
Il punto di vista degli evangelici pentecostali, riguardo la pena di morte è alquanto chiaro ed inequivocabile: Bisogna abolirla!
E comunque necessario che si faccia una precisazione a tal proposito, i pentecostali non intendono schierarsi a favore di un " perdonismo" e un "buonismo" che nulla hanno a che vedere con il cristianesimo ma solo con mera superficialità.
Fatto questo distinguo, la posizione riguardo alla pena di morte come già detto è contro, e a tal proposito citano ben 10 motivi per cui perseguire l'abolizione di tale pena.
Cercherò di citare solo quelli più salienti:

1. La pena di morte non serve come deterrente contro i crimini.
L'argomento della deterrenza è quello più frequentemente chiamato in causa:
condannare a morte un trasgressore dissuaderebbe altre persone dal commettere lo
stesso reato. L'argomento della deterrenza non è però così valido, per diversi motivi.
Nel caso, per esempio, del reato di omicidio, sarebbe difficile affermare che tutti o
gran parte degli omicidi siano commessi dai colpevoli dopo averne calcolato le
conseguenze. Molto spesso gli omicidi avvengono in momenti di particolare ira
oppure sotto l'effetto di droghe o di alcool oppure ancora in momenti di panico. In
nessuno di questi casi si può pensare che il timore della pena di morte possa agire da deterrente.

2. L'applicazione delle norme giuridiche è spesso soggetta a errori umani dolosi o involontari.
La pena di morte non colpisce solo i colpevoli, ma anche, forse più spesso di quanto si immagini, persone innocenti.
Uno studio dello Stanford Law Review ha documentato in questo secolo 350 casi di condannati a morte negli Stati Uniti, in seguito riconosciuti innocenti.

3. La pena di morte è un arma troppo potente in mano a governi sbagliati. Può essere sfruttata dal governo per eliminare personaggi politicamente o religiosamente scomodi, alterando persino il concetto di gravità di certi atti. È quello che sta
attualmente accadendo in Cina dove si muore non solo per aver commesso crimini gravi, ma anche per il semplice fatto di opporsi al regime. Nel 1993 il 63% delle esecuzioni mondiali sono avvenute proprio in territorio cinese.

4. L'applicazione della pena di morte non incentiva la ricerca di sistemi preventivi.
Quando viene applicata la pena di morte, la gente prova quasi un sentimento di
soddisfazione, quasi che in questo modo il crimine commesso fosse ripagato, espiato, dimenticando in realtà che la vittima ha subito un'ingiustizia che non potrà mai essere ripagata.
Tuttavia la gente è come soddisfatta. Lo Stato si mostra così
"giusto" ed efficiente contro il crimine. In questo modo si corre il rischio che lo Stato possa, in qualche modo sentirsi dispensato dalricercare una soluzione che prevenga il crimine.

5. Il diritto alla vita è un principio fondamentale su cui si basa la nostra società.
Come nessun uomo ha il diritto di uccidere un suo simile per qualsiasi motivo - il diritto alla vita è un principio fondamentale
su cui si basa la nostra società - così lo Stato, che agisce razionalmente, non spinto dall'emozione del momento, e in quanto
garante della giustizia, non deve mettersi sullo stesso piano di chi si macchia del più orribile dei crimini: l'omicidio.

venerdì 18 marzo 2011

MANIPOLAZIONI GENETICHE

Cristianesimo
Opposizione fermissima dei cattolici alla clonazione umana e, nella maggior parte dei casi, alle sperimentazioni genetiche, come l'utilizzo di cellule staminali embrionali, e alla fecondazione eterologa (ossia, con ovuli o spermatozoi di donatore). La Chiesa ortodossa ritiene la clonazione un attacco all'immagine di Dio di qui si è portatori. La confessione protestante ha una posizione di apertura verso donazione e cibi transgenici. L'importante è che sia garantita la sicurezza per l'uomo degli esperimenti esegui

Ebraismo
Le posizioni dei rabbini al riguardo sono ancora molto varie e discordanti. Comanda la "Torah": «Dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». In base a questi versetti c'è chi ritiene che le manipolazioni genetiche siano lecite in assoluto. Altri che lo siano solo in casi ben specifici. Altri ancora che non lo siano per nulla. Non esiste quindi un magistero definito al riguardo.

Islamismo
Le biotecnologie sono tendenzialmente lecite. Non lo sono più quando i loro risultati vengono usati per scopi di vilipendio della dignità umana e quando portano a occasioni che potrebbero provocare danni o perdite a se stessi e agli altri. Manca ancora, negli Stati islamici, una legislazione ben definita. 

Induismo
L'induismo non ha espresso un giudizio unanime nei confronti della donazione e delle biotecnologie. In linea generale sembra però dimostrarsi favorevole, purché ogni ricerca sia sostenuta da principi etici morali e spirituali, fondamentali per uno sviluppo del benessere dell'uomo.

Buddismo
Nessuna indicazione unanime riguardo alle tecnologie genetiche; la legge buddista dell'"eterno mutare" viene spesso interpretata a favore delle
sperimentazioni nel campo dell'ingegneria genetica, per il fatto che non esistono sistemi di valutazione fissi nel tempo. Su casi specifici, altri pongono dei veti

Riguardo alle manipolazioni gentiche gli evangelici pentecostali, sembrano, non prendere una posizione ben precisa.
"Lasciamo libertà di scelta! Sono faccende intime".
"Va bene che oggi non c’è più pudore e tutti raccontano tutto, ma queste cose uno se le deve vedere solo con la propria coscienza”
Diceva cosi Francesco Toppi che fù presidente storico delle Assemblee di Dio in Italia(A.D.I).
Questo riserbo potrebbe celare un’antipatia per ogni bioetica lontana da una lettura estremamente rigorosa delle Scritture, ma in effetti i pentecostali una posizione chiara sembra che non la vogliano mostrare.

lunedì 14 marzo 2011

DIVORZIO

CRISTIANESIMO
La Chiesa cattolica non ammette il divorzio. I risposati fino a pochi anni fa considerati pubblici peccatori, non sono però 'anime fuori dalla Chiesa". Tuttavia a loro la comunione è concessa solo se si impegnano ad astenersi dai rapporti sessuali. Per i protestanti il divorzio è un dramma esclusivamente personale che non riguarda la comunità. Il matrimonio tra divorziati è quindi tollerato. La Chiesa ortodossa accetta il divorzio e autorizza le seconde nozze.

EBRAISMO
L'ebraismo riconosce il divorzio senza nessuna restrizione. Per contrarre un secondo matrimonio con rito religioso è necessario però chiedere l'autorizzazione al partner dal quale ci si è precedentemente separati. Il divorzio religioso deve comunque essere accordato dal tribunale ebraico e il secondo matrimonio è permesso solo dopo che siano trascorsi almeno 90 giorni dalla sentenza.

ISLAMISMO
Il Corano prevede la rottura del contratto di matrimonio, ma, nonostante ciò, il divorzio è biasimato dall'intera comunità (non a caso la procedura di separazione è lunghissima). E' previsto come rimedio alla sopravvenuta impossibilità di
realizzare i fini del matrimonio: amore e comprensione tra i coniugi e clima familiare armonioso per la crescita dei figli. La poligamia è consentita (nella pratica è rara).

INDUISMO
Il divorzio non è contemplato dalla tradizione induista, ma l'India moderna ne riconosce la possibilità. Si tratta di una possibilità teorica, perché ostacolata
dalla legislazione: alle donne che hanno divorziato è proibito risposarsi, il che toglie loro ogni possibilità di riconoscimento nella vita sociale.

BUDDISMO
Le regole matrimoniali del buddismo sono molto semplici e si basano sul buon senso reciproco. I testi sacri sanciscono la fedeltà nei confronti del coniuge. Il divorzio è riconosciuto solo per gravi casi di disaccordo. Non c'è comunque un magistero definito e unitario al riguardo.

La posizione degli evangelici pentecostali riguardo al divorzio, cosi come ogni loro dottrina e credo e rivolta esclusivamente a quello che nella Bibbia, Gesu', ha lasciato detto:
“Ed io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per cagion di fornicazione, e ne sposa un'altra, commette adulterio”.
Ed ancora:
“E de' Farisei s'accostarono a lui tentandolo, e dicendo: È egli lecito di mandar via, per qualunque ragione, la propria moglie? Ed egli, rispondendo, disse loro: Non avete voi letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina, e disse: Perciò l'uomo lascerà il padre e la madre e s'unirà con la sua moglie e i due saranno una sola carne?

Talché non sono più due, ma una sola carne; quello dunque che Iddio ha congiunto, l'uomo non lo separi. Essi gli dissero: Perché dunque comandò Mosè di darle un atto di divorzio e mandarla via? Gesù disse loro:
Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandar via le vostre mogli; ma da principio non era così. Ed io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per cagion di fornicazione, e ne sposa un'altra, commette adulterio. I discepoli gli dissero: Se tale è il caso dell'uomo rispetto alla donna, non conviene di prender moglie.

Ma egli rispose loro: Non tutti son capaci di praticare questa parola, ma quelli soltanto ai quali è dato. Poiché vi son degli eunuchi, i quali son nati così dal seno della madre; vi son degli eunuchi, i quali sono stati fatti tali dagli uomini, e vi son degli eunuchi, i quali si son fatti eunuchi da sé a cagion del regno de' cieli. Chi è in grado di farlo lo faccia.” (Matteo 19:3-12).

Quindi, per riassumere, all'uomo non è lecito mandare via la propria moglie se essa si ammala gravemente, se ella non riesce a cucinare delle vivande esattamente come piacciono al marito, o se il suo corpo riceve l'amputazione di un membro, o se perde un occhio o i capelli, o se si comporta in maniera irrispettosa verso il marito o se il marito, dopo averla sposata, l'ha trovata sterile e non può dargli dei figli, o se ha trovato una donna più bella di lei, perché mandarla via per una di queste ragioni significa farla essere adultera.

Ma gli è lecito mandarla via solo nel caso ella commetta adulterio; in questo caso egli mandandola via non la fa essere adultera perchè ella già lo è. Ma badate che secondo la dottrina pentecostale, avere il diritto di mandare via la propria moglie quando questa ha commesso adulterio, non significa avere il diritto di risposarsi con un'altra donna, dopo averla mandata via.
Stando dunque così le cose, sia l'uomo che la donna non hanno il diritto di risposarsi neppure se uno dei due commette adulterio, e fino a che l'altro è ancora in vita rimangono per la legge legati e se uno dei due si risposa commette adulteri.

Secondo gli spiritualisti Dio ha punito l'umanità facendogli fare l'esperienza nella carne(il materiale), e ha separato, ciò che era l'essere spirituale completo e divino, in maschio e femmina.
Lo scopo ultimo è quello di unire nella materia il maschio e la femmina per fare una cosa sola dei due corpi spirituali. Il compito dell'essere umano,secondo gli spiritualisti, è cercare la metà mancante del proprio spirito e unirli insieme facendo un cammino di rinascita dalla carne, dai suoi desideri, dai suoi sentimenti impuri, dalle tentazioni di tutti i vizi (della materia)e unire i due spiriti maschio e femmina, per essere una sol cosa davanti a Dio e essere a sua immagine e somiglianza.

Per questo finchè non si è trovato la propria parte mancante, lo spiritualismo accetta il cambiamento di coppia, non lo trova illecito o peccaminoso(dannoso per il proprio carma) solo se tutto è finalizzato a cercare l'anima gemella per unire le due parti spirituali, senza provare sentimenti lussuriosi o voluttuosi ma solo l'AMORE può unire due anime.
Lo spiritualista può fare coppia anche senza consumare unioni carnali se è sua convinzione che davanti a Dio sono anime gemelle.( lo spiritualista si identifica più come anima. L'individuo lo ritiene transitorio e parte del ciclo delle vite nella carne).

domenica 6 marzo 2011

Matrimoni misti

 il cattolicesimo
Cattolici e ortodossi non li ostacolano, purché non venga impedita l'educazione alla fede di appartenenza degli eventuali figli. Per i cattolici serve una dispensa (autorizzazione): i ripetuti fallimenti hanno spinto la Chiesa a concederla, nel caso di coppie cristiano-musulmane, con più attenzione. Alle confessioni evangeliche (valdesi e metodisti) interessa che il figlio riceva una educazione religiosa, anche se non strettamente protestante.


l'ebraismo 
La "Torah", manifesto della legge ebraica, non vieta i matrimoni misti. Ma questo è oggi un problema ancora aperto. Infatti anche gli ebrei più liberali preferiscono i pericoli dell'ateismo al trauma di un matrimonio misto. Per i tradizionalisti un ebreo ateo è un coniuge preferibile a un gentile (cioè un non ebreo) che crede nella Bibbia.


islamismo 
Il musulmano ha facoltà di sposare una donna cristiana e una donna ebrea (donne della gente del "Libro") purché il matrimonio sia contratto secondo il Libro di Allah: deve essere garantita, quindi, l'educazione islamica dei figli. Per un esplicito ordine coranico, rivolto al musulmano, non c'è quindi parità col coniuge nelle decisioni. 


 l'induismo
L'induismo antico non permetteva matrimoni misti, neppure tra fedeli appartenenti a caste differenti. Si è però dimostrata una religione capace di
evolversi: oggi infatti, l'induismo moderno è uno dei credi con meno riserve nei confronti dei matrimoni misti.



 buddismo 
Il magistero buddista non è unitario, ma in generale i matrimoni tra
buddisti e appartenenti ad altri credi religiosi sono permessi e non vigono preconcetti di alcuna sorta a riguardo. Deve essere però rispettata la libertà di educazione dei figli e una convivenza all'insegna della concordia e armonia reciproca


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cristiana evangelica pentecostale 
I matrimoni misti, secondo i pentecostali, sono sconsigliati, ma non del tutto negati.
Andando per ordine di tali unioni matrimoniali, nella Bibbia sono narrati episodi, sia nell'antico che nel nuovo testamento che scoraggiano dall'unirsi con uomini o donne che non abbiano lo stesso credo religioso in quanto tale diversità, potrebbe nella maggior parte dei casi, creare conflitti di idee, pratiche, rituali  ed educazione dei propri figli oppure in mancanza di prole indurrebbe ad avere una vita matrimoniale poco armoniosa.

Nella Bibbia in una epistola di Paolo apostolo, egli stesso esorta i credenti al non "unirsi in alcun modo con gl'infedeli"(ossia di credenze diverse).

E' pur vero che in molti casi sia il marito o la moglie abbiano rivisto le loro posizioni, accettando di propria spontanea volontà, la religione cristiana evangelica pentecostale , facendone la propria fede religiosa, ed è per questo che la tolleranza mostrata dai pentecostali verso le unioni miste risulta alquanto marcata, pur continuando ad insegnare che è preferibile il contrario in quanto non sempre si arriva ad un punto d'incontro nella coppia.

Pubblicato da Legolas a 23:12



          




 

venerdì 25 febbraio 2011

Suicidio ed eutanasia

 il cattolicesimo
Per il cattolicesimo il suicidio va contro l'amore di Dio. Quindi è severamente condannato. Anche l'eutanasia è moralmente inaccettabile e viene giudicata "disumana". La Chiesa ortodossa equipara l'eutanasia a omicidio e suicidio, entrambi peccati mortali. I protestanti non condannano formalmente il suicidio, mentre rispetto all'eutanasia le posizioni sono varie. Per í valdesi «l'eutanasia si può configurare come un gesto umano di rispetto nei confronti della vita».
l'ebraismo
L'ebraismo condanna il suicidio, un affronto all'amore che Dio ha dimostrato alle proprie creature, e l'accelerazione della morte di un agonizzante, anche se non c'è alcuna speranza di vita. Sono però annessi dai rabbini i farmaci antidolorifici, anche se possono affrettare la morte, purché non siano dati proprio per questo scopo.
l'islamismo
Il Corano ordina di non mettere mai a repentaglio la propria vita, né quella degli altri, per cui entrambi questi atti sono peccati mortali da inferno, assolutamente condannati. Per i fondamentalisti, tuttavia, morire per Allah è un gesto che porta onore e prosperità nell'aldilà.
l'induismo
L'induismo rispetta fortemente la vita umana, ed è in genere contrario all'eutanasia, ma lascia comunque libertà di coscienza. Considera invece il suicidio, cui è contrario in assoluto, un atto che causa impedimento alla liberazione finale, aumentando il "Karma" negativo individuale.
il buddismo
Il suicidio e l'eutanasia possono essere ammessi se le motivazioni che spingono a questi atti non nascondono odio verso se stessi o verso gli altri. Il Dalai Lama si è recentemente detto favorevole al suicidio assistito: «Una mente pacifica al momento della morte è essenziale e quindi, prima che il dolore divenga intollerabile, l'eutanasia è giustificabile».
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Il suicidio secondo la Bibbia e quindi secondo i cristiani evangelici pentecostali è inquadrato certamente sotto una luce negativa:
«Poi considerai tutte le opere che le mie mani avevano fatte e la fatica che avevo sostenuto per farle, ed ecco che tutto era vanità, un correre dietro al vento e che non se ne trae alcun profitto sotto il sole» (Ecclesiaste 2:11).I cristiani evangelici pentecostali hanno spesso sostenuto che poiché il suicidio consiste in un auto-omicidio, chiunque commetta suicidio sta peccando allo stesso modo in cui peccherebbe se stesse uccidendo un altro essere umano. Un certo numero di figure bibliche hanno commesso (o tentato) il suicidio; le più note sono Saul e Giuda Iscariota.
Non vi è tuttavia alcun verso specifico che affermi che il suicidio conduca direttamente all'inferno.
Poiché Cristo ha preso il castigo per tutti i peccati dell’umanità, ed il suicidio è visto come un peccato, il risultato sarebbe che la persona che commette suicidio non sarebbe colpevole e che tutti i suoi peccati (incluso l’uccisione di sé stesso) sarebbero coperti da Cristo (Seconda lettera ai Corinzi 5:21). Di conseguenza, alcuni credono che ai cristiani che commettono suicidio sia concesso comunque il paradiso.
Per quanto riguarda invece la questione dell'eutanasia la chiesa cristiana evangelica pentecostale si muove sù tre punti cardine:
1. il riconoscimento del carattere sacro della vita dell’uomo in quanto creatura;
2. il primato della persona sulla società;
3. il dovere dell’autorità di rispettare la vita innocente.

La Bibbia afferma ed insegna che Dio ci ha donato la vita ed ha stabilito per noi un giorno in cui dovremo lasciare questo mondo (Eccl. 3:2), e che nelle Sue mani c’è la vita e la morte di ciascuno di noi (1 Sam. 2:6).
Un verso Bibblico che parla in maniera inequivocabile su questo argomento è il verso 16 del Salmo 139, dove leggiamo: “I Tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel Tuo libro erano già scritti tutti i giorni che erano stati fissati per me anche se nessuno di essi esisteva ancora”.

Pubblicato da Legolas a 20:41 

Secondo gli spiritualisti, il suicidio è visto come il gesto più ignobile che un essere possa fare. Aggrava enormemente il carma e l'anima che sperimenta il suicidio, impedirà che succeda di nuovo.
Per l'eutanasia lo spiritualista ha lo stesso concetto del buddismo.

mercoledì 16 febbraio 2011

Aborto

cristianesimo
Per il cattolicesimo si tratta di una colpa gravissima, un "crimine abominevole" che comporta la scomunica automatica sia per la madre sia per chi lo procura, praticandolo o favorendolo.Dalla Chiesa ortodossa è considerato un grave peccato mortale ed è ammesso unicamente per salvare la vita della madre. E' invece ammesso, o perlomeno tollerato, da battisti, episcopali, luterani, presbiteriani, avventisti, metodisti.

ebraismo
Non esclude l'aborto nelle prime settimane di gravidanza (secondo il Talmud", raccolta delle tradzioni rabbiniche, l'embrione non ha vita propria fino al 40° giorno). Più in là, gli aborti terapeutici devono essere autorizzati caso per caso. In caso di pericolo di vita, l'ebraismo privilegia la salvezza della madre.Comunque la donna deve interpellare un'autorita rabbinica.

islamismo
Una famiglia numerosa rappresenta un obbligo morale, e quindi
l'aborto è, in generale, scoraggiato. E' tuttavia consentito entro il 120'
giorno: secondo il Corano lo spirito è dato all'embrione in quel preciso momento della gestazione. Prima di allora non viene riconosciuto all'embrione lo statuto di persona umana.

induismo
Non esiste un magistero unanime al riguardo, anche se in genere non viene condannato. Fra le centinala di correnti, alcune, grazie alle nuove tecnologie prenataliche consentono di stabilire il sesso del nascituro già dai primi mesi di gravidanza, sconsigliano interruzioni di gravidanza nel caso di figli maschi, secondo la religione,sono privilegiati rispetto alle femmine.

buddismo
L'aborto, considerato come un omicidio, è assolutamente vietato, e non è ammesso in alcuna circostanza, eccetto nel caso in cui sia a rischio la vita sia della madre sia del nascituro. Se è a rischio soltanto quella della madre, partorire il bambino è considerato un gesto che porterà a una più prospera e felice reincamazione. Per i buddisti tibetani, chi abortisce rinasce per 500 volte come un feto che verrà a sua volta abortito.
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Sorprendentemente, l’aborto non è mai menzionato nella Bibbia, nonostante il fatto che sia stato praticato lungo tutta la storia umana. Quindi il punto di vista dei cristiani evangelici pentecostali risulta essere quello di porre la propria fede incondizionata in Dio, Colui che è il datore della vita, riponendo sempre e comunque ogni cosa al suo volere, in quanto ciò che è "impossibile agli uomini è possibile a Dio"! Comunque sia si ritiene necessario esaminare caso per caso, cercando sempre di privilegiare la "VITA", qualora fosse possibile, sia della madre che del nascituro.
Alcuni passi biblici possono essere rilevanti. Questi versi e altri sono spesso citati come prova che un feto è realmente un essere umano e meriti la stessa protezione:
In quei giorni Maria, messasi in viaggio, si recò in fretta verso la regione montagnosa, in una città di Giuda. Entrò nella casa di Zaccaria e salutò Elisabetta. Ed ecco che, appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, le balzò in seno il bambino. Elisabetta fu ricolma di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno.  Ma perché mi accade questo, che venga da me la madre del mio Signore? Ecco, infatti, che appena il suono del tuo saluto è giunto alle mie orecchie, il bambino m’è balzato in seno per la gioia. (Luca 1:39-44)

La Parola del SIGNORE mi fu rivolta in questi termini: «Prima che io ti formassi nel grembo, ti ho conosciuto, e prima che tu uscissi dal seno, ti ho santificato; profeta per le genti ti ho costituito» .
(Geremia 1:4-5)
Le tue mani mi hanno formato e modellato, integro tutt’intorno; ora vorresti distruggermi? Ricordati, di grazia, che mi hai fatto di argilla, e mi fai ritornare in polvere! Non m’hai colato come latte e fatto coagulare come formaggio? Di pelle e di carne mi hai rivestito, di ossa e di nervi mi hai intessuto. (Giobbe 10:8-11)
Pubblicato da Legolas a 20:06

domenica 13 febbraio 2011

Ruolo e dignità della donna nella società

cattolica e ortodossa
Per le Chiese cattolica e ortodossa esiste uguale dignità e responsabilità dell'uomo e della donna nei vari ruoli all'interno della società. Il papa Io ha ribadito con la Lettera apostolica "Mulieris dignitatem". Queste confessioni prediligono comunque la dimensione materna e familiare della donna. Netto, ribadito e "definitivo" il no al sacerdozio femminile. Per i protestanti, invece, le donne possono accedere a tutti i ministeri ecclesiastici.

ebraismo 
La donna è in una posizione di primaria importanza. Dalle sacre scritture è considerata la colonna portante della famiglia e ha il compito di trasmettere ai figli l'insegnamento e il ricordo delle tradizioni religiose. Le mansioni religiose nella comunità ebraica sono tuttavia per lo più riservate esclusivamente agli uomini.
islam
Spiritualmente la donna è pari all'uomo, ma la lettura testuale del Corano (che non è interpretabile o        storicizzabile) è decisamente maschilista: al marito è assegnato un ruolo dominante, ha il privilegio del ripudio unilaterale e vantaggi nell'eredità. Prediletti i ruoli familiari. La dignità della donna consiste nel "non aver altro padrone che il suo Creatore", la qual cosa si realizza nell'obbedienza al codice di vita islamico costituito dal Corano e dalla Sunna (la consuetudine).
induismo
  Nell'induismo classico la donna è conside rata l'incarnazione della divinità stessa e gode di una altissima considerazione in ogni ruolo. Non tutte le correnti induíste concordano però nel dare alla donna pari dignità. In alcuni casi è confinata al ruolo di madre ed educatrice, sottomessa at marito e ai figli.
 buddismo
 Secondo la tradizione, prima della predicazione del Buddha, alla donna non era concesso di poter progredire e dimostrare creatività e capacità. II Buddha, dopo un primo periodo di misoginia, aprì le porte della meditazione monastica anche alle donne, che vennero così ad avere la stessa considerazione degli uomini, purché eliminassero tutto ciò di femminile che era in loro. Ci sono però correnti buddiste che non permettono alle donne di accedere alla vita monastica.
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Il ruolo della donna secondo gl'insegnamenti Bibblici, risulta essere di un'importanza che trova la sua realizzazione nell'ambito del focolare domenstico e nella gestione strettamente familiare.
Mentre, come nelle sinagoghe di allora e nelle chiese di oggi la donna risulta avere un ruolo alquanto nascosto di poca appariscenza, non può presiedere alle assemblee non può avere ruoli di conduzione quali il pastorato che secondo i canoni Bibblici e secondo la religione evangelica pentecostale deve essere  esclusiva dell'uomo. Solo l'uomo può rivestire il ruolo di pastore, consigliere di chiesa, mentre le donne possono collaborare nell'insegnamento dei bambini(e), ragazzi(e), uomini e donne adulte, con il ruolo di monitrici.
Secondo l'insegnamento Bibblico le donne devono avere durante i culti il capo coperto perchè una donna senza velo fà vergogna a sè stessa, e nell'ambito familiare l'apostolo Paolo è alquanto categorico in merito al ruolo di capo della famiglia: Donne siate soggette ai vostri mariti come la chiesa lo è a Cristo....di contro rivolgendosi ai mariti: Mariti amate le vostre mogli come Cristo ha amato la chiesa, rispettatele, curatele, e provvedete ad ogni loro necessità, come anche Cristo ha fatto per la chiesa.
Il capo di ogni uomo è Cristo. L’uomo è fatto ad immagine e gloria di Dio, prodotto tramite le mani di un abile vasaio. Egli è quindi a gloria di Dio: un riflesso diretto di ciò che viene da Dio. Il motivo per cui l’uomo è stato creato, è per essere la gloria di Dio e per farlo, deve essere sottomesso all’autorità costituita da Dio, ossia a Cristo. Appare chiaro e privo d'equivoci che secondo la religione cristiana evangelica pentecostale che il capo della donna è l'uomo.
Nell’ordine del creato di Dio, l’uomo ha una posizione di autorità sulla donna. C’è una diversa radice creazionale:
1) Una cronologia diversa: l’uomo precede la donna come "specie"
2) Una materia diversa: benché creata da Dio, non ricevette direttamente l’alito vitale divino; i "pezzi" con i quali fu costruita la donna vennero dall’uomo. Lei è perciò la gloria dell’uomo: un riflesso diretto di ciò che viene dall’uomo. Il suo nome stesso (donna) lo ricorda: "tratta dall’uomo".
3) Una motivazione diversa: l’uomo fu creato per completare la creazione di Dio ed essere la sua gloria, la donna fu creata per completare l’uomo ed essere la sua gloria.
Il capo di Cristo è Dio. Non ci deve turbare il fatto che ci sia un ordine nel creato di Dio. Essere sotto autorità non significa essere inferiori. Cristo era inferiore al Padre? Cristo aveva meno valore del Padre? Cristo era il tappetino dei piedi del Padre? No. La Scrittura è chiara nell’indicare che Cristo e il Padre sono uguali sul piano dell’essere ma occupano un ruolo diverso. 
In merito quindi all'autorità essa si applica nel seguente modo:
Ognuno onori il suo capo (4,5), ossia tenga su il buon nome, tratti in modo tale da accordare rispetto e considerazione. Chi deve onorare? Cristo ha parlato con autorità ma sempre onorando il Padre. L’uomo, nel parlare con autorità, onori Cristo. La donna, parlando con autorità, onori l’uomo. Il brano non insegna che l’uomo è il mediatore tra Dio e la donna, ma che la donna, parlando pubblicamente a Dio o da parte di Dio, non deve disonorare, trattare come nulla, ignorare completamente o far pensare che l’uomo sia da scavalcare.
Nel momento in cui la donna parla con autorità (che potrebbe far pensare: "Ah, lei è il capo"), lei deve far capire che onora l’ordine stabilito da Dio. Se infatti a quel tempo era a motivo degli angeli che la donna doveva velarsi il capo quando pregava o profetizzava, è ovvio che non era in virtù di una ragione sociale o culturale. Infatti, dato che la donna oggi ha raggiunto la 'parità' l'uomo non è più il capo della donna per cui questo segno di autorità portarlo sul capo non le si addice più!

Pubblicato da Legolas a 21:27



venerdì 11 febbraio 2011

La religione laica

• La religiosità laica
vi sono persone che o non credono in alcuna religione o pensano che sia impossibile decidere se le varie religioni dicono la verità (atei e agnostici). Anche costoro tuttavia si interrogano su che cosa sia il bene e che cosa sia il male, e come si possa affrontare la morte (dopo la quale, ritengono, non vi è alcuna forma di continuazione della vita). Molti tra costoro pensano che, se non c'è un Dio che ci abbia insegnato cosa siano bene o male e che ci possa consolare in un'altra vita per i dolori che abbiamo subito in questa, a maggior ragione bisogna trovare delle ragioni per cui gli uomini possano vivere senza danneggiarsi a vicenda, e si possano giustificare sentimenti come l'amore e il rispetto per gli altri. Costoro elaborano quindi quella che si chiama una morale laica.

-Gli agnostici e gli atei.



In un certo senso hanno un sentimento religioso anche coloro che non riconoscono alcuna religione. Tra costoro ci sono gli agnostici e gli atei.
Gli agnostici sono coloro che ritengono che, alle domande di cui abbiamo parlato, non si possa dare una risposta. Pertanto non accettano le risposte date dalle varie religioni. Ma non è che sottovalutino molte di quelle domande. Pertanto cercano a modo proprio di trovare dei princìpi di vita a cui aspirarsi.
Gli atei sono coloro che non credono che l'Universo sia stato creato da una entità trascendente, e spesso ritengono di poterlo provare scientificamente. In ogni caso ritengono che le Rivelazioni delle varie religioni non possano essere dimostrate come vere. Alcuni di essi accettano un Principio Immanente, ma ritengono che, se si pensa che la Divinità si identifica con l'Universo, e quindi noi ne siamo parte, questo significa che non c'è alcuna Divinità fuori di noi. Tuttavia anche gli atei, come gli agnostici, cercano di ispirarsi ad alcuni princìpi di vita.
• Il nulla
Coloro che non credono nell'esistenza di un Dio trascendente negano che vi sia un'anima che sopravvive al corpo e ritengono pertanto che, dopo la morte, non vi sia nulla. Il che non impedisce ai viventi di coltivare la memoria dei defunti in modo che almeno il loro ricordo possa perdurare oltre la morte. Nell'antica Grecia, Epicuro osservava che: "Finché io ci sono, la morte non c'è, e quando la morte c'è, io non ci sono più". Quindi non dovremmo avere paura della morte.

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L'opinione dei cristiani evangelici pentecostali, riguardo al fatto che Dio non esista e di conseguenza l'universo con ogni forma di vita sulla terra non sia stato creato da Dio stesso ma bensi formatosi dà un'espolsione di materia ed atomi, è che non si debba in alcun modo provare l'esistenza di Dio con prove razionali: essa viene accettata come un fatto normale.
Nel libro degli Ebrei 11:6 è scritto: Chi s'accosta a Dio deve credere che Egli è!
Nella Bibbia si parla di uomini che dicono nel loro cuore che Dio non c'è e vengono definiti 'stolti', cioè senza timore di Dio e vogliono cancellare Dio dalla loro vita e dai loro pensieri perchè vogliono escluderlo dalla loro vita.
Ma dovendo gioco forza confrontarsi con tali credenze i cristiani evangelici pentecostali hanno provato a dare delle prove dell'esistenza di Dio per i seguenti motivi:
1- Per convincere i sinceri ricercatori di Dio, cioè coloro la cui fede è stata indebolita dalle difficoltà: desidero credere in Lui; provatemi che è ragionevole farlo!
2- Per fortificare la fede di coloro che già credono
3- Infine per arricchire la loro conoscenza della natura di Dio.
I cristiani evangelici pentecostali trovano le prove dell'esistenza di Dio nella creazione, nella natura umana e nella storia umana.
Essi affermano che:
1- l'universo deve avere una Causa Prima (argomento cosmologico)
2- l'evidente disegno dell'universo addita una Mente Suprema ( argomento teologico)
3- la natura umana, con i suoi istinti ed aspirazioni, mostra un Regnante personale ( argomento antropologico)
4- la storia umana dà prova di una Provvidenza che regola tutte le cose ( argomento storico)
5- la credenza universale ( argomento del ' consenso generale')

Pubblicato da Legolas a 20: 12 
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Perchè si soffre

Gli esseri umani scoprono molto presto che vivere è, anche, soffrire. Per tutte le religioni, il problema fondamentale non è come evitare la sofferenza, ma come renderla sopportabile. Uno dei modi per fare i conti con la morte, con la malattia, con il dolore fisico, con la perdita di ciò che è caro, e con la mancanza di ciò che è fortemente desiderato, è di trovare una spiegazione che giustifichi la sofferenza.


Secondo la religione ebraica, ad esempio, il male del mondo è prodotto dall'uomo e dipende dalla sua mancanza di fiducia nei confronti di Dio, ovvero dalla rottura dei suoi rapporti con Lui: la salvezza dipende dalla capacità dell'uomo di ristabilire l'Alleanza con Dio, obbedendo alle Leggi divine. Questa spiegazione, tuttavia, non chiarisce del tutto il motivo per cui tante persone innocenti debbano affrontare grandi dolori, mentre vi sono uomini e donne che, pur essendo egoisti o disonesti, conducono un'esistenza relativamente tranquilla. Per rispondere alla questione della sofferenza dei giusti la tradizione talmudica ha elaborato varie risposte possibili (forse il giusto non è completamente giusto: ma come giustificare la sofferenza dei bambini? Forse il giusto sconta i peccati dei suoi avi; forse la sua sofferenza terrena verrà premiata nell'aldilà). Nessuna interpretazione appare interamente adeguata, per cui l'Ebraismo - sulla scorta del Libro di Giobbe - accetta di non comprendere il senso del male e della sofferenza degli innocenti, rimettendosi alla saggezza e al volere di Dio. 


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La sofferenza...secondo l'evangelo tale condizione è quasi fondamentale, necessaria addirittura.Secondo quanto Gesù Cristo ha affermato, insegnato, stretta ed angusta è la via che porta alla vita eterna, mentre larga e spaziosa e la via che mena alla perdizione dell'anima.
Secondo la religione Cristana evangelica pentecostale:   
1 Le sofferenze del cristiano. 1Pietro 4:1-6
Poichè dunque Cristo ha sofferto nella carne o: quanto alla carne, anche voi armatevi di questo stesso pensiero, che cioè colui che ha sofferto nella carne ha cessato dal peccato.
2 A quel fine si associa chi soffre per la causa della verità e del bene, mostrando con ciò di aver rotto col peccato
per consacrare il tempo che resta da passare nella carne, cioè nel corpo , non più alle concupiscenze degli uomini,  ma alla volontà di Dio.
3 Poichè basta l'aver dato il vostro passato a fare la volontà dei Gentili col vivere nelle lascivie, nelle concupiscenze, nelle ubriachezze, nelle gozzoviglie, negli sbevazzamenti.

Pubblicato da Legolas a 21:15


La risposta dell' Induismo, invece, è che il dolore che si prova nel corso della vita attuale è dovuto alle azioni che si sono compiute nell'esistenza precedente (è questo il senso del principio del karma). Una simile spiegazione rende meno intollerabile l'idea che il male si possa abbattere anche su creature innocenti.


Il Buddhismo situa la sofferenza (dukkha) nella nostra stessa condizione di esseri umani (desideriamo ciò che non abbiamo e rimpiangiamo ciò che abbiamo avuto): l'origine di questa sofferenza è in noi e nella nostra incapacità di abbandonare ciò che è transitorio per consolidare ciò che è permanente, ed è di lì che va strappata.


La filosofia daoista, fondata sulla complementarità dei contrari (yin e yang), vede la sofferenza come l'altro aspetto, opposto ma necessario, del benessere: così come non c'è luce senza tenebre, il bene non avrebbe senso se non ci fosse anche il male.

Cosa succede dopo la morte

• L'aldilà: inferno e paradiso
Secondo le tre religioni monoteiste, al momento della morte l'anima della persona abbandona definitivamente il corpo e, con esso, la vita terrena, per ricongiungersi a Dio. Le concezioni dell'aldilà variano da una religione all'altra, e si modificano anche all'interno della medesima tradizione religiosa.


Il Pentateuco (l'insieme dei primi cinque libri della Bibbia) non precisa cosa succede alle persone dopo la morte, ma fa menzione di una resurrezione collettiva dopo il Giudizio. Solo in alcuni testi successivi viene elaborata la nozione dell'inferno. Così, per l' Ebraismo antico, l'anima del defunto raggiunge tutte le altre anime che riposano nel regno delle tenebre (o sheol). L'idea che la sorte ultraterrena degli individui si possa differenziare in base alla condotta che essi hanno tenuto in vita si afferma più tardi, quando - nel I secolo e.v. - alcune scuole di pensiero cominciano a sostenere che, dopo un soggiorno comune nello sheol, le anime dei giusti vengano condotte nei giardini dell'Eden, mentre quelle dei malvagi vadano all'inferno. Certe scuole ritengono che le pene dei dannati siano temporanee e purificatrici e che, una volta scontate, l'anima venga ammessa in paradiso. Vi sono tuttavia dei peccati la cui gravità condanna l'anima del colpevole alla dannazione eterna - almeno fino all'epoca del Giudizio finale.


Secondo il Cristianesimo i buoni vanno in paradiso, dove godono di uno stato di eterna beatitudine, mentre i malvagi vanno all'inferno, dove sono sottoposti a supplizi indicibili. I cattolici nel medioevo aggiungono un luogo intermedio, il purgatorio, dove i peccatori che si sono pentiti in vita subiscono dei castighi per espiare le proprie colpe e entrare in paradiso. I protestanti e gli ortodossi rifiutano il purgatorio.
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Secondo i Cristiani evangelici pentecostali   fin dai tempi del primo uomo e della prima donna, il mondo fu separato da Dio. E' stato il peccato a causare questa separazione. L'unica cosa infatti che ci separa da Dio e che porta alla morte spirituale è il peccato: perché "il peccato ci ripaga con la morte (spirituale)" (Romani 6:23). Cosa succede allora quando moriamo? La risposta è semplice: l'uomo ha un corpo materiale (quello fisico) e anche un corpo spirituale (lo spirito), ma l'unica cosa eterna è lo spirito. Il corpo muore e torna ad essere polvere, ma lo spirito rimane in eterno.Il vero dilemma allora è questo: dove andrà il mio spirito dopo che il mio corpo fisico muore? Se il mio spirito è eterno, dove passerò il resto dell'eternità: con Dio, o separato da Dio?
Esistono 2 casi: 
1) Senza il peccato.Se al momento della morte si è senza peccato vuol dire che si è uniti a Dio nello spirito, non c'è più alcuna separazione. Se si è uniti a Dio nello spirito, quando il nostro corpo muore, lo spirito andrà direttamente da Dio e si vivrà per l'eternità con Lui. Senza il peccato,si ha accesso alla presenza di Dio per sempre. Questa è la vita eterna, il poter vivere con Dio eternamente, insieme a Lui.
2) Con il peccato.Se invece quando si muore si è nel peccato, non si è uniti a Dio nello spirito e non si può riconciliarsi con Lui. Il peccato separa da Dio ("Le vostre iniquità hanno scavato un abisso fra voi e il vostro Dio; i vostri peccati gli hanno fatto nascondere il suo volto così che non vi ascolti." Isaia 59:2) e non permette di vivere con Lui, perché Dio è Santo e non può convivere con il peccato. Morendo nel peccato, si è costretti a vivere per l'eternità separati da Dio.
Pubblicato da Legolas a 14:31
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Per Morte la Bibbia intende la separazione dell'anima dal corpo e l'introduzione dell'uomo del mondo invisibile. La Morte è il primo e l'ultimo effetto esteriore del peccato( I Corinzi 15.26)dal quale l'essere umano verrà salvato dal sacrificio sulla croce di Gesu' Cristo il Figlio di Dio che secondo i Cristiani evangelici pentecostali con tale sacrificio ha letteralmente abolito la morte portando la vita eterna per quanti accettano e credono in tale opera salvifica.Dopo la morte fisica vi è una resurezione che a differenza degli empi (coloro che sono morti senza credere) conseguirà l'incorruttibilità del corpo glorificato.
Da notare che nella dottrina evangelica pentecostale nè i credenti nè gli empi otterranno la ricompensa finale, entrambi vivranno in uno stadio intermedio in attesa della resurezione dei loro corpi.
Lo stadio intermedio dei giusti è di totale riposo (Apocalisse 14.13) di attività e di santità.
Mentre gli empi nel loro stadio intermedio attendono il loro giudizio finale che avverrà dopo il giudizio del TRONO BIANCO, quando la Morte e l'Ades saranno vuotate nel lago di fuoco(Apocalisse 20.14) 
Pubblicato da Legolas a 20:17
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L' Islam afferma che coloro che non credono in un unico Dio sono destinati a bruciare all'inferno. Quando una persona muore, la sua anima viene interrogata da due angeli, che le chiedono di recitare la professione di fede (shahada): se non è in grado di farlo, viene dannata. Nel giorno del Giudizio (l'ultimo giorno), gli esseri umani saranno giudicati da Dio: i meritevoli avranno la grazia di contemplare il volto di Dio.


• Il ciclo delle rinascite
Molte religioni ritengono che l'anima debba passare attraverso una lunga catena di reincarnazioni prima di raggiungere la liberazione, ovvero la cessazione del ciclo delle rinascite. La credenza nella trasmigrazione delle anime caratterizza le religioni di ceppo induista.


Gli induisti e i giainisti credono che alla morte ogni creatura si reincarni in un altro corpo, vegetale, animale, o umano. Lo scorrere delle esistenze è visto come un dramma dal quale si desidera liberarsi. La liberazione - o moksha - consiste nella scoperta dell'illusorietà della propria identità individuale (atman), per ricongiungersi con il brahman, che è l'Uno indivisibile.
Secondo i buddhisti, per 49 giorni dopo la morte l'individuo va errando tra il mondo dei morti e quello dei vivi; dopodiché il meccanismo del karma decide in quale corpo si reincarnerà. Come per gli induisti, l'obiettivo ultimo dei buddhisti è di porre fine al ciclo ininterrotto delle rinascite per raggiungere l'estinzione delle sofferenze, o nirvana.
Anche i sikh credono nella reincarnazione, tranne che per loro la liberazione non consiste nell'annullamento di sé, bensì nella ricongiunzione dell'anima con Dio. 


Secondo la fede Shintoista, lo spirito umano è eterno, proprio come i kami. Come nella maggior parte delle concezioni orientali l'aldilà è concepito dallo Shintoismo come una sorta di livello esistenziale superiore. Quando si muore dunque, per lo Shintoismo, si cambia semplicemente forma di esistenza, si accede ad un altro tipo di esistenza (vedi la sezione relativa ai kami particolari). Questa è la concezione più moderna.
Poiché lo Shintoismo è coesistito pacificamente con il Buddhismo per oltre un millennio è molto difficile separare le credenze buddhiste da quelle shintoiste. Si può dire che mentre il Buddhismo enfatizza la vita dopo la morte, lo Shintoismo enfatizza questa vita e la ricerca della felicità in essa, sebbene abbiano prospettive molto diverse sul mondo, la maggior parte dei giapponesi non vede alcuna necessità di riconciliare le due religioni e pertanto le pratica entrambe. Perciò è comune per molte persone praticare lo Shintoismo in vita ed essere comunque sepolte con un funerale buddhista.
Nello Shintoismo antico veniva ovviamente dato maggior peso alla mitologia. Si credeva in una serie di paradisi, già c'era quindi la concezione della pluralità esistenziale, anche se non espressa filosoficamente tra il popolo. Tra questi paradisi si annoverano: l'aldilà del cielo, l'aldilà Yomi, l'aldilà Tokoyo, l'aldilà delle montagne. Questi luoghi non sono descritti né come posti ameni né con caratteristiche infernali, ma come luoghi molto simili al mondo terrestre.